Alberto Zanobini, Direttore Generale del Meyer, guiderà nei prossimi tre anni l’AOPI, Associazione degli Ospedali Pediatrici Italiani, nata per coordinare le iniziative volte a promuovere lo sviluppo culturale, scientifico e gestionale delle strutture di alta specialità in Pediatria. In questa intervista a “Pediatria” racconta le sue idee.

L’AOPI è un’organizzazione relativamente “giovane” (è nata nel 2005), quali sono a suo avviso i più significativi risultati ottenuti sinora e quali gli obiettivi della sua Presidenza?

L’AOPI è stata sempre fortemente impegnata, anche con ottimi risultati soprattutto con l’ultima presidenza del DG del Gaslini Paolo Petralia, a dar voce al tema del riconoscimento delle prestazioni pediatriche, ossia la non adeguata remunerazione delle tariffe del Sistema Sanitario Nazionale che è improntato, per quanto riguarda il riconoscimento economico, sul mondo dell’adulto. Ora, però, alla luce della cesura storica rappresentata dalla pandemia, le battaglie sono altre e forse più difficili.

Quali?

La pandemia ha toccato l’età pediatrica meno di quella adulta, però sul piano organizzativo ha avuto un grande impatto anche sugli ospedali pediatrici, soprattutto nella seconda ondata che ha colpito i bambini più della prima, sul versante dei ricoveri, anche nelle terapie intensive. Gli ospedali pediatrici hanno risposto bene, ma ora dobbiamo riorientare la nostra capacità di risposta pensando al futuro. La pandemia ha prodotto danni indiretti sul sistema della prevenzione pediatrica (in termini di riduzione delle vaccinazioni, delle diagnosi di tumore pediatrico, di aumento di disturbi psicologici, sovrappeso e obesità e minore accesso ai Pronto soccorso) e aumentato le diseguaglianze sociali ed economiche con ricadute sulla salute dei più fragili. Occorrerà dar voce a tutto questo e l’AOPI vuole essere un soggetto di interlocuzione per i referenti istituzionali nazionali e regionali al fine di mettere i bambini, spesso dimenticati in questa pandemia, al centro delle scelte.

Il Covid-19 riorienta anche le scelte organizzative degli ospedali pediatrici?

La pandemia sta influenzando il pensiero e il dibattito internazionale sugli ospedali del futuro dal punto di vista architettonico, urbanistico, filosofico, dell’organizzazione dei servizi. La parola d’ordine è innanzitutto “flessibilità” perché non si può pensare che, al prossimo evento problematico, si blocchino tutte le altre cure. AOPI può rappresentare una centrale di pensiero, catalizzando le migliori energie in questa riflessione che tocca diversi aspetti, come l’organizzazione degli spazi, delle aree verdi interne ed esterne, delle possibili soluzioni per conciliare la sicurezza con l’umanizzazione delle cure. Spesso gli ospedali pediatrici sono stati capofila nel dibattito sull’organizzazione del Sistema Sanitario, anche perché rappresentano un modello a cui fare riferimento data la grande capacità di fare rete, quindi possono indicare una strada anche su questo e forse anche sui grandi investimenti che partiranno dal Recovery Plan. Il rischio, infatti, è che i bambini vengano ancora una volta dimenticati e che la Pediatria sia la “Cenerentola” nell’elenco dei progetti da finanziare solo perché l’età pediatrica è stata meno colpita dal Covid-19.

In questo dibattito sul futuro della sanità un tassello centrale è rappresentato dalla tecnologia e dalla telemedicina, spesso indicate come soluzione di tutto, o quasi. Lei che idea si è fatto?

Tecnologia e telemedicina sono importanti, ma vengono dopo, prima bisogna impostare una forte rete di prossimità dei servizi, a cui la tecnologia può dare una mano. Io, nel dibattitto tra ospedale e territorio, prevederei risorse premiali per chi si mette in rete, per quei progetti che valorizzano il ruolo di ciascuno, ma in una logica di rete. L’altro aspetto su cui AOPI dovrebbe “battere il colpo” è l’investimento pubblico in ricerca e formazione in Pediatria. Le grandi multinazionali e le imprese del farmaco non hanno grandi interessi economici a portare avanti la ricerca pediatrica, ma grazie alla disponibilità di tanti fondi europei, essa deve diventare una priorità della ricerca pubblica, proprio perché mancano gli investitori privati. Proporrò al Consiglio Direttivo di AOPI di redigere un documento per farsene portavoce con le istituzioni. Il valore di questa organizzazione è la sua forte coesione e in Europa rappresenta un’eccellenza. Il patrimonio storico e culturale degli ospedali pediatrici, che affonda le sue radici nell’Ottocento, con una forte identità, è unico. Vogliamo valorizzare queste radici. È per questo che, con un certo orgoglio, pensiamo di poter avere uno spazio in questo dibattito sul futuro della sanità pubblica.

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